tag:blogger.com,1999:blog-74933486384063348262024-03-07T10:18:45.943+01:00Tana del LeprecanoOk, cervello, io non piaccio a te e tu non piaci a me, quindi fai solo questo per me e continuerò a ucciderti con la birra.(Homer J. Simpson)duffogruphttp://www.blogger.com/profile/03523329431514176776noreply@blogger.comBlogger35125tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-48515142290769654192007-04-14T12:37:00.000+02:002007-04-14T12:42:59.255+02:00La Strategia dell’Ariete<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitcUqBduzGfX_1Ox-3OXW0V_faPh32JP611Dzq28_gAbThISsaQmuatughv4RbX9wODkDusudIAUaWU1dfqxoL-eMdAC5vdGj7NJE_KqLvgy8YuJZb-lCxJqQApmv3bi1Y6OKXXkIvJh9c/s1600-h/ariete.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitcUqBduzGfX_1Ox-3OXW0V_faPh32JP611Dzq28_gAbThISsaQmuatughv4RbX9wODkDusudIAUaWU1dfqxoL-eMdAC5vdGj7NJE_KqLvgy8YuJZb-lCxJqQApmv3bi1Y6OKXXkIvJh9c/s320/ariete.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5053231729229437330" border="0" /></a>Inizia come un film di Indiana Jones, con scontri tra bande di malviventi nella Shanghai del 1920, e si chiude negli USA paranoici della guerra fredda, in un clima degno di un thriller psicopolitico alla Manchurian Candidate. In mezzo c’è di tutto: Mao che fa le prove generali per la conquista del potere, antiche confraternite occulte, massoneria ed esoterismo nazista. E poi avventurieri in America Latina, omicidi a bizzeffe, corruzione e sete di potere, millenni di storia e di segreti. <i>La strategia dell’ariete</i> (pubblicato da Mondadori) è un frullatore in cui la letteratura di genere viene sminuzzata e ricomposta in un volume di quasi 500 pagine che si fa leggere tutto d’un fiato (impegni permettendo…) e segna la nascita di un nuovo talento polimorfo e tentacolare: <a href="http://www.kaizenlab.it/">Kai Zen</a>. Si tratta di un collettivo formato da quattro scrittori sparsi in giro per l’Italia che adottano un modello di scrittura fluviale e labirintica alla Wu Ming. Forse non sono geniali come gli autori di <i>Q</i>, ma la loro scelta di affrontare i più triti luoghi comuni dell’immaginario pop sul campo, senza troppe velleità artistiche, risulta vincente, apparentandoli a quell’altro grande guastatore della letteratura che è Valerio Evangelisti. I Kai Zen immergono il lettore in una trama complessa e fitta di rimandi incrociati in cui i piani temporali si alternano in capitoli brevi, scandendo il conto alla rovescia verso un epilogo teso e f<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzWwwFebiqEBUTXvy4Qk8phomSfPPnU4NpAu8nwaovpXeDcX1BRGeTPig75cgC_CPCnIzoo5seRib8vx9qVO81RL2c8tV4dR0p1fz7Ekjhp_8sBVz7shjau8VERIX6R1rCdsUZdGaMdkup/s1600-h/mind_control.gif"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 245px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzWwwFebiqEBUTXvy4Qk8phomSfPPnU4NpAu8nwaovpXeDcX1BRGeTPig75cgC_CPCnIzoo5seRib8vx9qVO81RL2c8tV4dR0p1fz7Ekjhp_8sBVz7shjau8VERIX6R1rCdsUZdGaMdkup/s320/mind_control.gif" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5053231338387413378" border="0" /></a>erocemente cinico come il miglior Ellroy. Il delirio complottista si lega all’esoterismo d’accatto, la deprogrammazione mentale della CIA all’egittologia, mentre nella foresta del Paraguay un filo millenario di poteri che operano nell’ombra sembra essere sul punto di riallacciarsi. Il respiro di Seth, forse, tornerà a soffiare libero, per controllare le menti dei deboli e riattivare i poteri di controllo dei discepoli dell’Ariete. <i>La strategia dell’Ariete</i> è uno splendido polpettone psicostorico che si meriterebbe un filmaccio di serie b oppure dovrebbe essere pubblicato a puntate su riviste spazzatura, di quelle che ci si vergogna di comprare, con titoli come “Antichi misteri della mente”, “Extraterrestri & Complotti”, “Segreti dell’occulto”o il “Corrierino di Thule”.<br /><a href="http://www.lastrategiadellariete.org/"><br />http://www.lastrategiadellariete.org/</a>oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-15995312020113189502007-04-06T09:41:00.000+02:002007-04-06T09:49:25.533+02:00Microrecensioni<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNoUjKlFnJwfsR8Zpj5seSmH8tw8uRqyYPrnu1lrkGhoNzjj0jlZgfbrilyPjO1EsgtAQRfOZ7kegImczAqfJzuPmK8nkj3a0UTsmUDvk2Ir5XsTjnl3fYg2xrfMwEzv-XlKnVMtkdWLy8/s1600-h/tide2.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 293px; height: 192px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNoUjKlFnJwfsR8Zpj5seSmH8tw8uRqyYPrnu1lrkGhoNzjj0jlZgfbrilyPjO1EsgtAQRfOZ7kegImczAqfJzuPmK8nkj3a0UTsmUDvk2Ir5XsTjnl3fYg2xrfMwEzv-XlKnVMtkdWLy8/s320/tide2.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5050217502335126146" border="0" /></a><i style="color: rgb(255, 255, 255);">Tideland</i><span style="color: rgb(255, 255, 255);"> di Mitch Cullin – Della serie, se Terry Gilliam ci ha fatto un film, il libro deve per forza essere interessante. Errore: il libro è un capolavoro di letteratura per l’infanzia. Sempre che per voi l’infanzia sia una stanza piena di visioni e incubi in cui le teste di Barbie parlano. Una ragazzina in una casa isolata, in Texas. Il padre è uno sfattone in declino psicofisico, l’immaginazione l’unica via di fuga. Una famiglia di freak per amici. Un libro che si mangia Ammanniti a colazione e Stephen King a cena. Poetico e dolcissimo. Cattivo e innocente come solo i bambini sanno ess</span><span style="color: rgb(255, 255, 255);">ere.</span><div style="text-align: left;"> </div><p style="text-align: left;" class="MsoNormal"><o:p> </o:p><i style="">Il Collare Spezzato</i>, di Valerio Evangelisti – Il papà di Eymerich continua il periodo sabbatico dalle fatiche inquisitoriali e ci regala il<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOq-CF10uJn2_BRmfO9Mdk-WX4RFp1U0eERMkqpJDlgBwUf4Z7z6fFZLm4LjU1MAUH7GHKNSuPaSKKwnpdtRHAFNRs-T8mT1QBlUlFAR6KDmA9L26GTQ1trvZPsd9LidCF8nyKqt1qxDcX/s1600-h/ilcollarespezzatoqz6.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 157px; height: 221px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOq-CF10uJn2_BRmfO9Mdk-WX4RFp1U0eERMkqpJDlgBwUf4Z7z6fFZLm4LjU1MAUH7GHKNSuPaSKKwnpdtRHAFNRs-T8mT1QBlUlFAR6KDmA9L26GTQ1trvZPsd9LidCF8nyKqt1qxDcX/s320/ilcollarespezzatoqz6.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5050218026321136274" border="0" /></a> secondo tomo della sua trilogia messicana. Come sempre il bolognese si conferma scrittore capace di conquistare il lettore con il suo mix di storia reale e immaginata, raccontando le lotte sociali, i complotti e le speranze del Messico nei primi decenni del secolo, da Porfirio Diaz a Villa e Zapata. Decine di personaggi alle prese con la lotta per la vita, in una terra in eterna lotta contro se stessa, contro l’Europa e contro gli Stati Uniti per spezzare il collare dello sfruttamento. Utopie e sopraffazione, populismo e violenza libertaria. Da leggere con in mente le immagini di Giù la testa di Sergio Leone. Perché la rivoluzione non è un pranzo di gala. Parola di Mao, uno che se ne intendeva. </p>oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-53778235255363825802007-03-22T10:51:00.000+01:002007-03-22T12:26:52.451+01:00Marsiglia Mon Amour 2<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxb_5jXeLEscZfw8ZkEKV6R9PstDjqJZGORNZdWb97yQDJe8DwNVONgQqDMbdKTssUir-Vp3QvDVLmzuLvV-FBPXivSKESdUhcYscd-mHcPiwc-HBitOdifSSAdwmPNxZgWhzeH0FxOPGb/s1600-h/m_demian_02.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxb_5jXeLEscZfw8ZkEKV6R9PstDjqJZGORNZdWb97yQDJe8DwNVONgQqDMbdKTssUir-Vp3QvDVLmzuLvV-FBPXivSKESdUhcYscd-mHcPiwc-HBitOdifSSAdwmPNxZgWhzeH0FxOPGb/s320/m_demian_02.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5044707701675665282" border="0" /></a>Ennesimo segnale della rivalsa di Marsiglia è la miniserie bonelliana Demian, in cui un bel tenebroso dai lunghi capelli biondi si erge ad angelo vendicatore contro i nuovi mercanti di morte (droga, rifiuti tossici, armi, traffici vari con l’est Europa, Yakuza, ecc.). Demian è stato allevato da un vecchio marpione del milieu, un malavitoso vecchio stampo (con la faccia di Jean Gabin) ed è accompagnato da una simpatica canaglia baffuta, Gaston, altro delinquente di lungo corso con una figlia che fa la poliziotta. Tra inseguimenti in moto e regolamenti di conti spietati, in Demian si spara molto, ma si respira una bella atmosfera da film di serie B anni settanta: da un momento all’altro ci si aspetta di veder saltar fuori Belmondo o Ventura. Insomma, rispetto all’immondo Brad Barron, Demian ha un buon ritmo ed è privo del buonismo di altre serie bonelliane. Le storie sono sufficientemente originali e dure (bella quella sulle guerre africane o il viaggio nei ricordi algerini di Gaston). Magari non rimarrà nella storia del fumetto, ma ben venga un personaggio capace di farci appassionare ancora una volta ai cari vecchi Marsigliesi. Ultima nota positiva, ogni numero ha una pagina dedicata ad un classico del nero alla francese o del polar: Tardi, Manchette, Gabin, Izzo, Josè Giovanni tra gli altri. Oltre al nostro Gian Carlo Fusco.oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-29943908030752800892007-03-11T11:30:00.000+01:002007-03-11T11:39:28.389+01:00Aspettando Manituana<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjTdlCk7EzJdyYfaEk9x1jnWGj5_6lZfjGnhPhX7Sk5OMCVhVH7DT-1tHCAwUjtgkahfrB3ku5T4HgjoXh6YF8rTU_KS8un8X-bj5R6-lWObSS5akX0TCAPCND9tsbmJxk0FEVrV7pFkjt/s1600-h/manituana.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjTdlCk7EzJdyYfaEk9x1jnWGj5_6lZfjGnhPhX7Sk5OMCVhVH7DT-1tHCAwUjtgkahfrB3ku5T4HgjoXh6YF8rTU_KS8un8X-bj5R6-lWObSS5akX0TCAPCND9tsbmJxk0FEVrV7pFkjt/s320/manituana.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5040612755930014226" border="0" /></a>Grande attesa per il nuovo libro dei Wu Ming, <i style="">Manituana</i>. La storia, ambientata nell’America del Nord, nella zona del fiume Mohawk, nel 1775 (quindi appena prima della rivoluzione americana) dovrebbe parlare delle sei nazioni Irochesi e della lotta dell’indipendenza delle colonie dalla corona. Ritorneremo ad uno di quei momenti in cui la storia del futuro impero a stelle a strisce avrebbe potuto prendere una curvatura diversa (il sottotitolo è “una storia dalla parte sbagliata della storia”…). Pensateci un attimo, e se le nazioni indiane avessero formato un unico corpo militare per resistere agli invasori, che sarebbe successo? Mi ricordo, a tal proposito, un bel fumetto di Oesterheld e Zanotto, <i style="">Wakantanka</i>, ambientato più o meno nello stesso periodo, con Moicani, Irochesi, Uroni, ecc. La cosa interessante di <i style="">Manituana</i> è il suo carattere composito e interattivo. I Wu Ming hanno già creato un sito con mappe, suoni, musiche, trailer, racconti di avvicinamento e notizie storiche di contorno (<a style="color: rgb(255, 255, 255);" href="http://www.manituana.com/">www.manituana.com</a>). Con l’uscita del libro, prevista per il 20 marzo, verrà aperta una sezione di Livello 2, accessibile con una password “deducibile dalla lettura del romanzo…” che dovrebbe creare una specie di doppiofondo on line del libro. Insomma, i Wu Ming, dopo aver combattuto tante battaglie sul no copyright e le strategie di resistenza culturale per cambiare il rapporto tra scrittura, editoria e autorialità, continuano a smontare i luoghi comuni romanzeschi. Non vediamo l’ora!oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-55184536275431685382007-03-08T19:05:00.000+01:002007-03-11T14:49:20.613+01:00Marsiglia mon amour 1<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRP66hd_gpVPlBM7AhgWEgRpv97aRs8aAU79zcIb-j1AnfCp09r158SO6eaRtVrxn3gUy5cohFdrxqDgqPPA4sIeQQ_g7fThIFXbp4tDRlbys0tnQGdbr33AhXv_Id0FiIdD5oIzSVwcjX/s1600-h/Duri_A_Marsiglia.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRP66hd_gpVPlBM7AhgWEgRpv97aRs8aAU79zcIb-j1AnfCp09r158SO6eaRtVrxn3gUy5cohFdrxqDgqPPA4sIeQQ_g7fThIFXbp4tDRlbys0tnQGdbr33AhXv_Id0FiIdD5oIzSVwcjX/s320/Duri_A_Marsiglia.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5039618822313761154" border="0" /></a>È riesploso l’interesse per i cari eroi della nostra infanzia. Vale a dire quei Marsigliesi di cui Duffo è uno dei più noti sostenitori. Dopo che negli anni settanta le cronache italiane erano occupate dalle gesta degli spietati Albert Bergamelli e Jacques Berenger, da un po’ di tempo del crimine del milieu marsigliese non si parlava più. Giusto Izzo a tenere alta la bandiera della città meticcia per eccellenza, il porto della legione straniera e dell’immigrazione italiana, del <i style="">tour</i> corso e della <i style="">fraternidad</i> catalana. Se negli anni sessanta, sotto il governo De Gaulle, Marsiglia era la capitale dell’intermediazione nel traffico degli stupefacenti, facendo da ponte tra <st1:personname productid="la Turchia" st="on">la Turchia</st1:personname> e l’occidente, pare che lo scettro sia ora passato ad altre zone del mondo. Insomma, la casbah di Zidane e dello sfegiato Ribery pareva caduta nel dimenticatoio e il suo mito criminale veniva rivitalizzato solo dai rari passaggi in tv de <span style="font-style: italic;">Il Braccio violento della legge</span>, con Rabal a fare il boss in tournee criminale a New York. Nel 2005, però, è stato ripubblicato <span style="font-style: italic;">Duri a Marsiglia</span>, del giornalista viveur attore contaballe Gian Carlo Fusco, immortale nella parte del padrone del ristorante con i capelli rasta di <span style="font-style: italic;">Ku Fu, dalla Sicilia con furore</span>. Se nel capolavoro di Franco Franchi menava craniate a destra e a manca, in <span style="font-style: italic;">Duri a Marsiglia</span> (uscito in origine nel 1974) Fusco racconta le avventure, romanzate, da lui vissute negli anni trenta nella Marsiglia dei clan. Ovviamente sono solo spacconate, ma la città dei Caid e delle faide, che tenne testa ai nazisti (che ne distrussero il vecchio porto) dando origine al maquis noir, la resistenza nera che tanti grattacapi diede agli occupanti con la svastica, viene raccontata alla perfezione. Jo le Maire, il sindaco, l’indiscusso paciere della città viene proprio da quell’epoca là (anche lui sarà nella Roma della dolce vita criminale dei primi anni settanta). Insomma, glorie passate del porto Mediterraneo, ma con una differenza, se negli anni venti e trenta Marsiglia era la patria di comunità criminali provviste di un codice d’onore ferreo (perché altrimenti sarebbero state guerre continue) e negli anni settanta era la patria dei grandi trafficanti di droga e dei cani sciolti tipo Bergamelli e Berenger, oggi è solo un crocevia di traffici globalizzati. Per fortuna c’è Ribery, con quella faccia da film con Lino Ventura.oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-11824647153777310312007-03-01T20:46:00.000+01:002007-03-01T21:26:30.239+01:00Ritorno alle origini<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.kinoweb.it/in_archivio/la_forza_del_passato/bassa/03.jpg"><img style="margin: 7pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 320px;" src="http://www.kinoweb.it/in_archivio/la_forza_del_passato/bassa/03.jpg" alt="" border="0" /></a>L'uomo nasce disoccupato. E disoccupato io sono ritornato. Non si tratta di un cambiamento negativo, anzi, è un ritorno alle origini sospirato e atteso, un po' perchè alla fine mi ero letteralmente intossicato di quel lavoro, del suo ambiente e delle sue scadenze, e soprattutto perchè ritornare alle origini significa avere la possibilità di cambiare in meglio. Quindi si ricomincia a cercare, a leggere ed anche a scrivere sul blog. Un post al giorno magari è troppo ma prometto sicuramente di postare con molta più frequenza di prima. Voglio tornare a scrivere con una certa continuità di argomenti che non interessino nessuno, tranne me e possibilmente il maestro Perboni e la platy.<br />Visto che si parla di origini, prendo la palla al balzo per parlare di un film, "La forza del passato", che finalmente ho visto dopo anni dalla sua uscita nelle sale. Come il libro di Sandro Veronesi da cui è tratto, il film ha come argomento centrale proprio il rapporto del protagonista con il suo passato, con la figura del padre appena morto, con l'inconciliabilità del ricordo personale con la verità storica. Il film, interpretato da Sergio Rubini e Bruno Ganz, è un onesta trasposizione di un ottimo romanzo, veloce e scritto molto bene. Un punto comunque a favore del film è la scelta di Trieste come città dove si svolge la vicenda; una città con tanti passati diversi e con i quali non è mai riuscita a fare i conti fino in fondo. Notevole inoltre , per un film italiano, che il regista Piergiorgio Gay abbia scelto alcune canzoni di giovani gruppi indie italiani per la colonna sonora, tra cui "Dipendo da te" dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Molto figa la maglietta dei TARM indossata da Rubini, col disegno di Davide Toffolo sulla panza.Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-26700557158602522752007-02-25T11:29:00.000+01:002007-02-25T11:32:58.998+01:00Darkel Star<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxdDVH2k_Bf2WW06PkDN67222CLn24g9xHkibJJNFIybqi1BzGvQZCwRGDqp5Z6TzfC8QLUfZ0bKa9pungGQHJh5MPzQ4Tw1six76C0RVg92QiY7e5L_qq1kiqFXR1nyZD23iflmP_DBgQ/s1600-h/Darkel-01-wide.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 317px; height: 168px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxdDVH2k_Bf2WW06PkDN67222CLn24g9xHkibJJNFIybqi1BzGvQZCwRGDqp5Z6TzfC8QLUfZ0bKa9pungGQHJh5MPzQ4Tw1six76C0RVg92QiY7e5L_qq1kiqFXR1nyZD23iflmP_DBgQ/s320/Darkel-01-wide.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5035417147029855762" border="0" /></a>In attesa del nuovo disco degli Air – ormai imminente – recupero DARKEL, prima opera (e primo progetto) solista di Jean Benoit Dunckel, vale dire metà del duo di Versailles. Jean Benoit si diverte a scrivere melodie, come sempre, aeree, aggiungendovi però qua e là un tocco oscuro, leggermente più straniante del solito. DARKEL, in ogni caso, è tutt’altro che un disco di seconde scelte: si apre con Be My Friend, french touch purissimo ma come filtrato da echi orrorifici, tra le tastiere anni ’80 del primo Carpenter e le progressioni di Profondo rosso. E poi si continua viaggiando tra cristalline aperture di pop caramelloso, quasi alla Beatles (At the End of the Sky, la saltellante My Own Sun), una urticante fiammata di glam elettrico, tra il primo Bowie e i T-Rex (TV destroy, attraversata da un synth in pieno trip da sovraccarico neuronale), un’inarrestabile apertura robotica che mette in incubatrice onde funk e morbide macchine kraut (Hearth). Ma DARKEL sa anche soffermarsi su spazi più meditativi, come nella filastrocca elettronica da occhi stropicciati di How Brave You Are o nella finale, fatata, Bathroom Spirit. Imperdibile, e non solo per i devoti degli Air.oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-11322061543927851682007-02-19T12:53:00.000+01:002007-02-19T13:15:54.069+01:00Pezzi di Saggezza<div style="text-align: left;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5ii3hMpo8Z7-NBgEqvt701VxB4XudeX7KXZ0Ho9ZPb_KpBMlMhhbc9pBgNR4EzWyeR1PHo4dE5Cwtx8eabhJe3QbqX6P-kIMvJZzdQ6PZr0OUFuMcxtINKPWkDXa-3rnmb_g8pFy6boU7/s1600-h/andrea_pezzi.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 205px; height: 202px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5ii3hMpo8Z7-NBgEqvt701VxB4XudeX7KXZ0Ho9ZPb_KpBMlMhhbc9pBgNR4EzWyeR1PHo4dE5Cwtx8eabhJe3QbqX6P-kIMvJZzdQ6PZr0OUFuMcxtINKPWkDXa-3rnmb_g8pFy6boU7/s320/andrea_pezzi.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5033212527431917058" border="0" /></a>Udine, Innovaction, Process Space. Arriva Andrea Pezzi, per un incontro con il pubblico. Dolcevita sotto giacca scura, occhiali sulla fronte, decisamente alta. Pezzi è bello, dal vivo ancora di più. Occhi verdi e un po’ acquosi, barba di tre giorni regolata ad arte. Ha le palle girate e lo fa sapere a tutti. Al mattino ha moderato un incontro con alcuni guru dell’innovazione, tra cui Oliviero Toscani, e la cosa lo ha fatto incazzare. Avrebbe voluto dire delle cose, le dice ora, davanti a un pubblico ristretto di curiosi. Il bell’Andrea, aria di uomo che ne ha viste di cotte e di crude, inizia la sua lezione su come si sta al mondo. Ignora bellamente le domande dei due intervistatori, parte per la tangente, va in modalità maestro di vita. Si scatena in un name dropping filosofico ridicolo e fuori luogo: Husserl, Wundt, i grandi umanisti italiani, quel coglione di Freud. Vuol far vedere che ha letto i libri giusti, che è stanco di passare per “quello di MTV”. Dice che per anni ha fatto finta di essere più scemo di quel che è in realtà. Lo hanno costretto a farlo (e i soldi che ha preso per questo, dove li mette?) ma ora ce la fa vedere lui: non esiste la massa intelligente, esiste solo l’individuo. Internet e Wikipedia sono una stronzata, l’intelligenza collettiva non esiste. Il ‘68 una tragedia, gli americani superficiali (originale!) Della vita non si può parlare se non si è dei maestri. Lui non lo è, quindi non si permetterebbe mai. Però parla, parla solo lui, giudica tutto e tutti, <span style=""> </span>apre squarci di paranoia esistenziale e mal di vivere. Cita Gesù Cristo e Nietzsche (sempre più originale). Non dice superuomo, forse fa troppo Marvel e MTV per lui. Dice Oltreuomo, perché ha una cultura europea (ma chi glielo dice che lo scriveva già Vattimo trent’anni fa?). Poi si capisce tutto: lui in fondo un maestro lo ha incontrato. È Meneghetti, guru dell’ontopsicologia (provate a digitare Pezzi Ontopsicologia, poi fateci sapere cosa avete trovato), uno che ha ricevuto una laurea honoris causa per la scoperta del “campo semantico” e che ha subito un bel po’ di processi. Uno grande quasi come Mamma Ebe. L’uomo che gli ha cambiato la vita. Allora si capisce che molte delle cose che cita per zittire gli altri sono probabilmente letture di seconda mano, orecchiate in giro, saperi segreti rivelatigli dal Maestro e preclusi a noi comuni mortali, che non possiamo pagarci la scorciatoia per diventare mâitre a penser andandocene a San Pietroburgo. Svelato l’arcano, Pezzi gioca a carte scoperte. Il monologo assume contorni deliranti e messianici; taglia corto con il dibattito, dato che l’interazione a lui non interessa gran che. Si alza e tanti saluti. Come Kaiser Soze alla fine dei soliti sospetti Andrea Pezzi, Luciferino, scivola via e scompare. Come se un invisibilissimo sciacquone lo avesse portato via, lontano da noi, in un universo più buono e giusto, ontopsicologico, in cui lui non è solo un ex vj di MTV. </div>oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-57495591467226222722007-02-12T17:38:00.000+01:002007-02-12T17:53:59.300+01:00Il ritorno di Mickey Rooney<div style="text-align: left;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3a3KcyHgpdZ0v1WmZqv0pSge4umOeaEUPOJy8fotVjYMfcFvZJuVP9s5JNGM3ktMKxfjYxMgAOSfzfLDIE_uEEgxdfs-DrRw4iuk-jcOamy3Z5icjtlmKfVI5epyCD3kOMgWKEm5JOpjL/s1600-h/Rooney,+Mickey+%28Andy+Hardy+Meets+Debutante%29_02.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 226px; height: 290px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3a3KcyHgpdZ0v1WmZqv0pSge4umOeaEUPOJy8fotVjYMfcFvZJuVP9s5JNGM3ktMKxfjYxMgAOSfzfLDIE_uEEgxdfs-DrRw4iuk-jcOamy3Z5icjtlmKfVI5epyCD3kOMgWKEm5JOpjL/s320/Rooney,+Mickey+%28Andy+Hardy+Meets+Debutante%29_02.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5030689340672269938" border="0" /></a>Per gli americani Mickey Rooney (classe 1920) è per sempre l’adolescente dei film anni ‘30, ragazzo prodigio del muto <span style=""> </span>prima e in seguito protagonista della serie degli svagati film di Andy Hardy. Rooney nanerottolo con la faccia da irlandese (in realtà è di origine scozzese), innocuo rubacuori dell’America incantata prima della seconda guerra mondiale in un mondo alla Norman Rockwell, fatto di valori semplici e genuini come la torta di mele. Insomma, Rooney è stato icona del cinema hollywoodiano sognante e assolutamente cazzone, quello del disimpegno alla buona e dei bravi ragazzi che incarnano l’ottimismo a stelle e strisce. Ora ritorna sul grande schermo in una parte tagliata su misura per lui nello strampalato Una Notte al museo, dove, invecchiato e sfatto ma con un sano lampo di follia negli occhi, fa la parte di un custode dall’uppercut facile, irlandese e rissoso fino al midollo. E il film è degno di lui: divertimento per famiglie che pare uscire dalla Hollywood dei tempi d’oro, quella delle commedie senza parolacce e con il lieto fine garantito, a metà t<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVUcvvOUXhvFxw9joNwoyHPf2lLzsNFhi_CJX-DYf7VNZaIgpw-Cb4JvyCV6fJCWzweUqHY5ZWCnQR5kxqYen6k58iApH06vmjOQeFf3sM9L0h9BeUXDU-jz6aYNoMBCSgOc4DJoGDJatV/s1600-h/nightatthemuseum.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 180px; height: 251px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVUcvvOUXhvFxw9joNwoyHPf2lLzsNFhi_CJX-DYf7VNZaIgpw-Cb4JvyCV6fJCWzweUqHY5ZWCnQR5kxqYen6k58iApH06vmjOQeFf3sM9L0h9BeUXDU-jz6aYNoMBCSgOc4DJoGDJatV/s320/nightatthemuseum.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5030691075839057538" border="0" /></a>ra Frank Capra e gli eroi in diretta dal Radio City Music Hall, immortalati da Woody Allen in Radio Days. Insomma il piccolo Mickey mette il suo sigillo su un film tipicamente neoclassico, autentico gioiello anni ‘40 (con il medioriente al posto dei musi gialli e dei crucchi?), ottimo per passare un paio d’ore in allegria. Chiudo con una curiosità: Rooney era apparso in versione animata in una puntata dei Simpson (quella del film sull’Uomo Radioattivo): la sua impronta nella storia dell’animazione l’aveva però forse già messa. Narra la leggenda che un certo Walt Disney al momento di dare il nome a un topo destinato a divenire celebre avesse in mente proprio Rooney, da cui il nome Mickey. In realtà questa storia pare averla messa in giro il diretto interessato, quindi non è affidabile al 100%. Un dato inoppugnabile della vita di Rooney comunque rimane: i suoi otto matrimoni, di cui uno con la divina Ava Gardner. Basterebbe questo a garantirgli un posto nel mito. </div>oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-33083857671107124852007-02-02T22:02:00.000+01:002012-02-15T10:59:18.222+01:00Non proprio tutti gli uomini del presidente<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://tvblog.girlpower.it/wp-content/uploads/2008/11/the-west-wing-cast-708368.jpg"><img style="margin: 6pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 250px;" src="http://tvblog.girlpower.it/wp-content/uploads/2008/11/the-west-wing-cast-708368.jpg" alt="" border="0" /></a><a href="http://www.freddynietzsche.com/2007/01/22/quando-dio-vuole-castigarci-ci-manda-quello-che-desideriamo/">A Matteo Bordone piace tanto West Wing</a>. A me invece no. Ci sono vari fattori che determinano questa mia avversione, peraltro abbastanza blanda, verso la serie americana. Il motivo principale è sicuramente l'irrealtà che pervade tutto il telefilm. Come diceva il pallanuotista Michele Apicella, la gente non parla così. Il linguaggio usato è assurdo, tutti parlano ad una velocità pazzesca e con un'arguzia degna del Dottor Sottile o dell'Andreotti Ter. A partire dal democraticissimo presidente <a href="http://www.filmreference.com/images/sjff_03_img1340.jpg">Martin Sheen</a>, passando per la bordoniana <a href="http://www.ildolceloportiamonoi.it/wp-content/uploads/2009/07/5mary-louise_parker01_jpg.jpg">Mary-Louise Parker</a>, fino allo spazzacamino, per le sale della casa bianca si aggirano personaggi troppo finti. La realtà di questi tempi, come ho avuto già modo di dire in un altro post, è fin troppo lontana dalla finzione televisiva. Ma chi se lo immagina un Cheney a discutere con Rob Lowe per decidere il contenuto del discorso sullo Stato dell'Unione? Altro che il bel Rob, per mettere KO Dick il tramaccione basta Molly Ringwald (per restare nel <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Brat_pack">Brat-Pack</a>).<br />Il fatto è che West Wing vuol parlare del mondo che ci circonda da un punto di vista troppo elevato. West Wing ha avuto la s/fortuna di andare in onda a cavallo dell 11 settembre: George W. Bush, che rischiava di passare alla storia come un innocuo presidente idiota, è stato trasformato in un solo giorno in un pericoloso presidente idiota. In pochi mesi ci siamo accorti che il mondo è in mano ad un gruppetto ben equipaggiato di mentecatti. Come posso dar credito ad una visione della politica, e degli uomini che fanno la politica, come quella descritta in West Wing? Una visione in cui la più grossa macchia morale è lo spergiuro? <a href="http://data1.blog.de/blog/n/numb3r5/img/SaddamRumsfeld.jpg">Rumsfeld</a> e Cheney erano così invischiati nelle lobby di <a href="http://www.disinformazione.it/cheneyelaguerra.htm">petrolio</a> e <a href="http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%5E90230,00.html">farmaci</a> che perfino la Gabanelli dall'Italia se ne è accorta. West Wing, a differenza di quello che molti pensano, è la giustificazione, o meglio, la visione utopistica a cui gli stessi americani aspirano, della politica statunitense post 11/9: "nel mondo succedono brutte cose, noi americani cerchiamo di sistemarle a modo nostro. Ne abbiamo il diritto perchè possediamo intrinsecamente una moralità ed un senso della giustizia che gli altri non hanno". Se si guarda al panorama delle serie americane West Wing è la mente, JAG è il braccio.<br />Tralasciando queste elucubrazioni psychoideologiche personali, devo dire che forse il vero motivo per cui non apprezzo West Wing è stata la lettura di un articolo dedicato ai telefilm su un numero di Internazionale di qualche anno fa. In un intervista uno degli sceneggiatori della serie ammetteva candidamente che nella storia venivano volutamente lasciati dei buchi narrativi delle dimensioni del Grand Canyon in modo che il pubblico non riuscisse ad avere un riferimento lineare nella trama e si concentrasse di più sui personaggi. MA COME??? Già mi sento abbastanza stupido di mio quando non capisco di che cosa parlano e poi scopro che in realtà non lo sanno neanche loro???? Bastardi. Comunque l'idea è bella.Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-49295529521378987122007-01-29T19:26:00.000+01:002007-02-01T08:21:43.355+01:00Il Medio è il messaggio<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6uVpVivimj1RPegpnv1lpxtzYN2J2xEcJuRHNmtC27dCXtdeoThq-V9YM7vJO3YxZcVtWWc6oJpZYoQPyaWmiXUh4Ov3BnczfRMEVzMRYoKabx59olSGRM61nQhUcp7vfgdKHn0PbdXLH/s1600-h/burt_mozart.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5025521096250567474" style="FLOAT: left; MARGIN: 6pt 10px 10px 0pt; WIDTH: 225px; CURSOR: pointer; HEIGHT: 310px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6uVpVivimj1RPegpnv1lpxtzYN2J2xEcJuRHNmtC27dCXtdeoThq-V9YM7vJO3YxZcVtWWc6oJpZYoQPyaWmiXUh4Ov3BnczfRMEVzMRYoKabx59olSGRM61nQhUcp7vfgdKHn0PbdXLH/s320/burt_mozart.jpg" border="0" /></a>Caro duffo, rispondo al tuo post del 17 gennaio. Il fatto è che il criterio alto/basso è privo di senso. Credo sia un retaggio della cultura di sinistra del dopoguerra. Gran parte delle cose che piacevano nel settecento o nell'ottocento erano "letteratura bassa" o "arte bassa". Mozart era un musicista pop, secondo i canoni odierni. Shakespeare era uno Spielberg elisabettiano, che faceva cose che piacevano al pubblico, non certo Beckett. Era un uomo di palcoscenico che si guadagnava il pane senza sovvenzioni e senza terze pagine dei giornali, non uno che voleva "trasmettere un messaggio" ed entrare nei salotti giusti. L’unicità del genio è la sua capacità di toccare corde universali a prescindere dal messaggio. Oggi abbiamo un sacco di comunicatori di messaggi, con l’assegno in mano, l’agendina piena di nomi che contano e una buona capacità tecnica, ma nessuno che ci sentiremmo di mettere accanto ai grandi del passato. Altro che alto e basso, siamo nell’età di mezzo, nel regno della mediocrità generalizzata. Infatti chi stabilisce il bene e il male? Chi scrive sui giornali, nel regno del compromesso, delle amicizie e della scrittura “media”. Anche nel senso dei mass media: come diceva McLuhan, il medium è il messaggio. Potremmo dire che il medio (-cre) è il messaggio. Tra l'altro è proprio l'idea di comunicare un messaggio che ti frega: che messaggio devo comunicare per fare arte “alta”? Se comunichi il messaggio pace e giustizia sociale va bene, ma se comunichi il messaggio “godiamoci la vita”, non va più bene. Ecco allora che ci troviamo con l’ennesimo polpettone storico politico di Ken Loach che è “solo” messaggio ma si dimentica del cinema e magari abbiamo film “leggeri” ma piacevoli che vengono snobbati perché non sono cinema serio. Non esiste comunicazione senza un significato, sono le nostre interpretazioni che stabiliscono dei criteri di valore. Dickens era più simile a Stephen King o ad Ammaniti che a uno scrittore "alto". Uno potrebbe dire: certo, ma Dickens era diverso dagli altri scrittori popolari dell'ottocento. È vero, ma solo secondo i nostri criteri. Al tempo, forse, quello che leggeva Dickens o Balzac in dispense leggeva anche la <i>bibliotheque blue</i> o altre cose che adesso faremmo rientrare nel calderone del "popolare" o addirittura del "pulp". Questo criterio però ha il fiato corto. Hai visto infatti quello che succede. Dopo che per decenni l’intellettuale ha indossato il saio dell’impegno e dell’egemonia gramsciana, ora può finalmente dire che La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca o che Proust è noioso o che Arbasino è un paraculo. E può confessare che in realtà, tra una serata d’impegno e l’altra si è visto i film di Boldi e De Sica. Il problema, però, è che non si tirano le somme di questo discorso. Non posso accettare che un cretino che negli anni settanta leggeva solo Marx e guardava Wim Wenders ora ci dica quello che è bello e quello che è brutto. Non basta rovesciare alto e basso, occorre togliere di torno certi personaggi che vanno dove li porta il vento e ogni volta si rifanno una verginità. A tutti loro, il (dito) medio è il messaggio. Cioè un bel vaffanculo.oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-12228414522701911212007-01-28T00:12:00.000+01:002007-01-28T00:20:50.044+01:00Folle viaggio nella notte<a href="http://www.ibs.it/cop/copljc.asp?e=8884513146"><img style="FLOAT: right; MARGIN: 6px 0px 10px 10px; WIDTH: 200px; CURSOR: hand" alt="" src="http://www.ibs.it/cop/copljc.asp?e=8884513146" border="0" /></a>Di Walter Moers <a href="http://leprecano.blogspot.com/2006/11/arriva-il-freddo-e-il-capitano-orso-blu.html">ho già parlato qui sul blog</a> consigliando la lettura dei suoi libri ambientati a Zamonia. Molti si sbagliano classificando ingenuamente i romanzi di Moers tra la letteratura per regazzi, in realtà si tratta di libri per adulti amanti del fantastico, nascosti abilmente dallo stesso autore in una confezione che, effettivamente, ha tutta l'apparenza delle letture per l'infanzia. Nascendo come fumettista è naturale che Moers abbia arricchito le sue storie fantastiche con centinaia di illustrazioni ed esperimenti di lettering, tanto che nei suoi romanzi il testo stesso a volte si trasforma in illustrazione. I disegni restano comunque il punto forte di questa confezione essendo sempre particolari, strambi e simpatici allo stesso tempo.<br />Viste queste premesse mi aspettavo che anche l'ultimo libro di Moers acquistato pullulasse di illustrazioni strane e divertenti e invece, con sorpresa, ho scoperto che non conteneva neanche una mezza figuretta disegnata da lui.<br />Il romanzo, come al solito edito da Salani, si intitola <a href="http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?isbn=8884513146">Folle viaggio nella notte</a> ed ha come protagonista un giovane <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Gustave_Dor%C3%A9">Gustave Doré</a>, celebre illustratore dell'800 di cui Moers è un grande ammiratore. Le molte illustrazioni che impreziosiscono il libro risultano così essere proprio del grande artista francese, scelte con cura da Moers tra l'impressionante archivio di lavori che Doré ha realizzato. Immagino che la scelta, oltre a dimostrare la grande conoscenza del lavoro di Doré, sia stata lungamente ponderata in modo che la storia scritta da Moers si adattasse perfettamente alle illustrazioni e desse così vita ad una vicenda avventurosa e surreale. Il risultato raggiunto è una lettura molto piacevole e divertente, che fa da ottima cornice alle illustrazioni di Doré, che rimangono la vera spina dorsale del libro. Per quanto alla fine si sente comunque di trovarsi difronte ad un gioco, quasi un esercizio di stile alla <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Oulipo">OuLiPo</a>, la sensazione è che Moers si senta realmente in sintonia con il grande maestro francese e con le sue visioni oniriche. Scrivendo questo libro Moers realizza una sorta di illustrazione scritta a mo di cornice per tutte quelle storie e sensazioni che ancora oggi fuoriescono dai disegni fantastici ed angoscianti di Doré.Unknownnoreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-35624824042052211212007-01-24T07:23:00.000+01:002007-03-01T21:26:59.034+01:00Vitus<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjw7O5w7vGMr0vCelaYtTVeBL8IiSnF9-aTZI9PCRox-bXPU9DVqBrTsMN_SfnJkhnEyvnna_boK7s0FJeEtzUCGhBICTXqZrpslyXDtgI-2r19SNDbBjfal6a4ky2bJMeXNVibPrAEg-Cm/s1600-h/vitus_02.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 344px; height: 228px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjw7O5w7vGMr0vCelaYtTVeBL8IiSnF9-aTZI9PCRox-bXPU9DVqBrTsMN_SfnJkhnEyvnna_boK7s0FJeEtzUCGhBICTXqZrpslyXDtgI-2r19SNDbBjfal6a4ky2bJMeXNVibPrAEg-Cm/s320/vitus_02.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5023479590920596242" border="0" /></a><br />Che bella sorpresa questo Vitus, visto al <a href="http://www.triestefilmfestival.it"><span style="color: rgb(255, 255, 51);">Trieste Film Festival</span></a>. Del regista, Fredi Murer, avevo intercettato un delirante film degli anni ‘70, Grauzone, rarissimo esempio di film lounge svizzero: una storia di cimici e intercettazioni, in pratica la versione in bianco e nero e anarchica della Conversazione di Coppola, con musica exotica come soundtrack, interni di moquette e su tutto l’aria di lucida follia che fa grande la Svizzera. Aspettandomi qualcosa del genere mi sono dunque accinto a vedere Vitus, candidato svizzero agli Oscar, già tra i nove finalisti (purtroppo, non fra gli ultimi cinque, escluso insieme a Volver di Almodovar). Murer, però, abbandonando le tentazioni autoriali (un vero autore non ha bisogno di vezzi) e scavalcando il rischio del calligrafismo infantile, alla Tornatore, centra un film davvero poetico e visionario, di quelli da guardare pronti a sorridere ma anche a farsi commuovere. Vitus è un bambino prodigio, genio del pianoforte e dei numeri, ficcato in un mondo troppo stretto per le sue doti e alle prese con turbini sentimentali. Si sente sfruttato (in buona fede) dai genitori e incompreso dagli altri. L’unico a dargli spago è il nonno falegname, un Bruno Ganz immenso che si riscatta dai baffetti a spazzolino hitleriani di La caduta con un’interpretazione magistrale. Nonno e nipote hanno un’intesa basata sulla comune passione per il volo e per il sogno di lasciarsi dietro il peso della banalità. Tra incidenti e deltaplani a forma di pipistrello, Schumann e hip-hop in bicicletta, c’è posto per una scalata ai vertici della speculazione finanziaria, un simulatore di volo e un volo (non simulato). Poesia e fiaba si innestano senza soluzione di continuità in una storia realistica, sintonizzata sulla visione del mondo di un ragazzino che vorrebbe essere normale e che deve lasciare dietro di sé qualcosa per essere davvero consapevole del proprio talento. Si ride, si piange, ma soprattutto si vede un film girato davvero con lo sguardo da bambino: rasoterra, sulle piccole cose (la cameretta tappezzata di poster sui pipistrelli è fantastica), ma anche pronto a spiccare il volo. Insomma, piccolo grande Murer.oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-16268783635813295152007-01-19T00:14:00.000+01:002007-01-19T08:26:23.739+01:00Strano, ma vero!<a href="http://photos9.flickr.com/13414794_0328249929_o.jpg"><img style="FLOAT: left; MARGIN: 7px 10px 10px 0px; WIDTH: 300px; CURSOR: hand" alt="" src="http://photos9.flickr.com/13414794_0328249929_o.jpg" border="0" /></a> La realtà non supera mai la fantasia, a differenza di quello che scrivono i bravi giornalisti italiani nell'aprire i loro articoli, riciclando le stesse frasi fatte ormai da trent'anni. In verità, per quanto la realtà possa essere strana ma vera, certa fantasia è impossibile da superare. Prendete <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/The_Shield">The Shield</a>, la serie in cui il bravo <a href="http://www.imdb.com/name/nm0004821/">Michael "la cosa" Chiklis</a> dà il volto ad uno dei più bastardi personaggi che la tv abbia mai visto. Vic Mackey è una specie di Kingpin col distintivo che, pur di mantenere tranquillo il suo quartiere, tiene le redini di una vera e propria associazione a delinquere interna al distretto, che ammazza e spaccia tra un'arresto ed una contravvenzione. Ora, una finzione così pompata è praticamente impossibile da superare, tranne forse a Medellin e Mosca. Detto questo, è abbastanza evidente che i poliziotti che sono sotto processo a Genova per i pestaggi alla scuola Diaz abbiano quantomeno ispirato gli sceneggiatori di The Shield. La nostra bistrattata realtà italiana ha, nel suo piccolo, anticipato la fantasia hollywoodiana. Alla fine però, col passare degli anni, ci siamo trovati un po' indietro e, per ridare un po' di verve alla vicenda, abbiamo messo in scena una dei più classici elementi dei legal-thriller americani: la sparizione delle prove. Le bottiglie molotov sono evaporate. Speriamo non si trasformi in un mafia-movie e che non comincino a sparire pure i testimoni.<br />Un'altro esempio di fantasia portata all'estremo sono le varie serie di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/CSI:_Crime_Scene_Investigation">CSI</a>, ed in particolare CSI New York, con il perennemente sogghignante <a href="http://www.imdb.com/name/nm0000641/">Gary Sinise</a> (è incredibile, gli sono pure ricresciute le gambe!). Ogni volta che vedo un episodio di questa serie, mi chiedo come la gente possa dare credito all'idea di un detective in completo Armani sulla scena del delitto. O a quella di dottoresse specializzate in fisicamolecolareneurobioticaelettrochimicabiologica indirizzo aggiustaggio, che evidentemente trovano pure il tempo di andare dal parrucchiere tra un'autopsia e l'altra. Me le immagino sotto il casco da Jean Louis David, intente a sfogliare svogliatamente Donna Detective Moderna e, improvvisamente, ricordarsi del dettaglio decisivo precedentemente sfuggito e che permetterà, naturalmente a manicure finita, di smascherare l'assassino.<br />Noi non siamo così sboroni, non esageriamo perchè se le spariamo troppo grosse si vede subito. Tipo quelli che indagano sul discepolo idiota di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Theodore_Kaczynski">Ted Kaczynski</a>. Il giorno prima hanno "elementi formidabili" contro il tizio di Azzano Decimo e poi, il giorno dopo!?, si scopre che questi elementi erano formidabili come gli effetti speciali di Guerre Stellari. <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghxdbCvn5-VXQGq4TgJiAoAww35WzXMZLmj-KuracmuSS37WiFYy1iY-Ighk-kAu0FyY-vJOQlqJ61a1zxBwJ1fEsffLgEjl6P9udMYOy5tK0UfxGgOQ-8u__Zaxf8Hj8PCF6XTkwyTOQ/s1600-h/tenero_giacomo.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5021525417180786402" style="FLOAT: right; MARGIN: 8px 0px 10px 10px; CURSOR: hand" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghxdbCvn5-VXQGq4TgJiAoAww35WzXMZLmj-KuracmuSS37WiFYy1iY-Ighk-kAu0FyY-vJOQlqJ61a1zxBwJ1fEsffLgEjl6P9udMYOy5tK0UfxGgOQ-8u__Zaxf8Hj8PCF6XTkwyTOQ/s320/tenero_giacomo.jpg" border="0" /></a>Come se la perizia balistica di una pistola la facessero dopo aver allargato la canna con un Black & Decker trasformandola in un bazooka.<br />Per concludere devo dire che ci sono anche casi in cui la fantasia è a livelli così bassi che è difficile non calpestarla. Prendete i quesiti polizieschi della Settimana Enigmistica, a risolvere i difficilissi cimenti del nostro amico Leo o del comissario Parix ti viene la nostalgia per il tenero Giacomo (o dovrei dire Der kleine Herr Jakob).Unknownnoreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-41490146210387915602007-01-12T11:15:00.000+01:002007-01-12T11:34:16.960+01:00DuffoCiv CCG<a href="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/d/d2/Theme_Hospital.ingame_screenshot.jpg"><img style="FLOAT: right; MARGIN: 6px 0px 10px 10px; WIDTH: 200px; CURSOR: hand" alt="" src="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/d/d2/Theme_Hospital.ingame_screenshot.jpg" border="0" /></a> Ciao, sono duffogrup e sono un videogiocatore. Sono dipendente dai videogames da parecchi anni, da quando giocavo assieme ai miei fratelli a <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Pong">Pong</a> sulla tv in bianco e nero per mezzo di una scatoletta bianca piatta (e non era Apple!) che andava a pile, con attaccati due rudimentali joistick neri a manopola. Poi venne il <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Commodore_64">Commodore 64</a>. Il più grande personal computer degli anni '80 col suo bel registratore e centinaia di cassette di giochi da caricare. Da quando posseggo un PC la mia dipendenza è diventata cronica tanto da rendere più volte la vita impossibile alla mia famiglia. Ricordo quando la pazienza di mia madre è esplosa mentre giocavo a <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Theme_Hospital">Theme Hospital</a> all'ennesima richiesta del banco accettazione "Un dottore è atteso in chirurgia", oppure in piena notte mentre giocavo a GTA III con la PS2 (prestata) facendomi inseguire per ore dalle auto della polizia a sirene spiegate.<br /><a href="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/d/d8/Civ02.jpg"><img style="float:left; margin:6px 10px 10px 0px;cursor:pointer; cursor:hand;width: 200px;" src="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/d/d8/Civ02.jpg" border="0" alt="" /></a>Da diverso tempo i giochi che preferisco sono quelli strategici a turni, alla Civilization insomma. In questo periodo mi sta intruppando <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Civilization_IV">Civ IV</a>, che se non è il gioco perfetto poco ci manca. Come al solito poi mi sono subito buttato sulla possibilità di modificare vari aspetti del gioco, cioè di creare i cosiddetti mod. Civ IV in questo senso è unico, nei limiti degli aspetti generali del gioco si può fare praticamente tutto, solo con un po' di pazienza.<br />Forse è proprio quest'aspetto artigianale che avvicina virtualmente questo genere di videogiochi a quelli coi soldatini che si faceva da piccoli, quando un marines senza un braccio non lo buttavi ma lo facevi tranquillamente diventare un eroe veterano di mille battaglie.<br /><a href="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/a/a7/Shadowmage_infiltrator.jpg"><img style="float:right; margin:6px 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 200px;" src="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/a/a7/Shadowmage_infiltrator.jpg" border="0" alt="" /></a>In questi giorni poi ho deciso di unire questa passione con l'interesse per i giochi di carte collezionabili (<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Gioco_di_carte_collezionabili">CCG</a>), quelli alla <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Magic">Magic the Gathering</a> per intendersi. A Magic ho giocato per diverso tempo sia con le carte reali sia in internet e, pur non codividendo alcuni aspetti del gioco di cui magari parlerò in un altro post, mi sono sempre divertito e arrabbiato un sacco. Comunque dicevo che unendo questi due interessi ho deciso di creare un gioco di carte vagamente ispirato a Civilization, DuffoCiv e di inserire periodicamente nel blog le immagini delle carte e le regole per giocare. Il beta-testing del giochillo sarà affidato al maestro.Perboni, noto beta-tester a livello mondiale di giochi di carte, e quindi unico responsabile per eventuali ritardi ed errori.Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-35597065868581222632007-01-06T09:19:00.000+01:002007-01-06T09:24:30.852+01:00Occhi di Gatti<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj40Zhs3NRm_cZHnn3gvyLsDgbo2FrJYOWaJM_1P5mnodrpNzCgHqr6x66tBTYQeLN1OCXhCUAr40ptjwLt8Nm8r2S8InHI9ZaAtvzxKLap_Ktc67iVIPUi9HS_xOQfnei3-CsmcMENUoI9/s1600-h/photo_1358956.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj40Zhs3NRm_cZHnn3gvyLsDgbo2FrJYOWaJM_1P5mnodrpNzCgHqr6x66tBTYQeLN1OCXhCUAr40ptjwLt8Nm8r2S8InHI9ZaAtvzxKLap_Ktc67iVIPUi9HS_xOQfnei3-CsmcMENUoI9/s320/photo_1358956.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5016830411705725762" border="0" /></a>Fabrizio Gatti, cronista d’assalto dell’Espresso, ha colpito ancora. Dopo essersi finto albanese per sbarcare in Italia, immigrato clandestino per farsi rinchiudere in un centro di permanenza, uomo di fatica per tirar su frutta e verdura tra i forzati del lavoro nero in Puglia e giornalista per entrare impunemente nella redazione dell’Espresso, il Gatti ha realizzato l’ennesimo scoop. Si è infatti camuffato da uomo delle pulizie per portare alla luce le magagne (tra l’altro ben note) del Policlinico Umberto I di Roma. Eccolo quindi, ramazza in mano, vagare in corridoi degni del Regno di Von Trier, tra angoli puteolenti e scorie tossiche, sfidando virus mortali e sotterranei catacombali. La cosa incredibile è comunque che nessuno lo riconosce, anche se la sua faccia, grazie ai numerosi reportage en travesti è ormai piuttosto nota. Anche perché la sua idea di travestimento è quella di essere semplicemente se stesso, con la sua faccia un po’ così, a metà tra l’indimenticato Hristo Stoichov e l’idea di albanese che hanno le vecchiette e i lettori di Libero. Possibile che per essere albanese, immigrato clandestino e ramazzaro all’ospedale si debba avere la faccia da gaglioffo e una fronte che farebbe la felicità di ogni frenologo? La vera impresa di Gatti dovrebbe essere qualcosa del genere “Inviato dell’Espresso si finge Lord Ciambellano e irrompe nella riunione della classe dell’84 di Eton” oppure “Fabrizio Gatti si intrufola tra gli esponenti del Potere Ariano” o ancora “Fabrizio Gatti si traveste da Harry Potter e porta alla luce i retroscena torbidi di Hogwarts”. O il massimo, “Non è Philippe Daverio, è Fabrizio Gatti!”.oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-24535144980479116592007-01-03T23:10:00.000+01:002007-01-03T23:16:19.630+01:00La Babele delle biblioteche<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhI9yhN6oe9Fg3-2gxN2sQR4NWEaVI5rQKgKpSTWVkjh0s4WfASz2UpfvKR2DGP2zkr9h6FjN9u-3wBBFb5n35pxkCV0MTPzot98yx3vY95v7aS1eraduvLLNLOxvDBlxsQcla9NWAnheu-/s1600-h/torre.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 221px; height: 271px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhI9yhN6oe9Fg3-2gxN2sQR4NWEaVI5rQKgKpSTWVkjh0s4WfASz2UpfvKR2DGP2zkr9h6FjN9u-3wBBFb5n35pxkCV0MTPzot98yx3vY95v7aS1eraduvLLNLOxvDBlxsQcla9NWAnheu-/s320/torre.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5015931063410867986" border="0" /></a>Il Corriere della sera,<span style=""> </span>citando il caso di un software per il monitoraggio prestiti usato in America, scopre che le biblioteche buttano via classici del passato per lasciar spazio a Grisham e Cussler e compagnia bella. Bella scoperta: anche in Italia si segue un principio analogo (anche se, per mancanza di software dedicati, il buon senso dei bibliotecari impedisce che D’Annunzio e Gadda finiscano al macero). Ma qual è lo scopo di una biblioteca: conservare classici a futura memoria o imbottire i propri scaffali di best seller richiestissimi dei quali forse fra dieci anni non si ricorderà più nessuno? Oppure deve conservare i libri di difficile reperibilità lasciando che l’ultimo Camilleri il lettore se lo compri (con spesa modica, se pensiamo quanto le persone spendono per una cena o per un maglione). Forse occorrerebbe introdurre un criterio di memoria a lungo termine. Proust e Melville oggi saranno anche meno richiesti di Faletti, ma fra cent’anni, ci sarà ancora qualcuno che li leggerà. Forse la soluzione sarebbe quella di avere bibliotecari competenti che fanno le scelte sulla base di un’osservazione attenta delle uscite. Il problema non è infatti lo scontro tra Flaubert e Harry Potter, ma l’acquisto in serie di volumi – da Bruno Vespa alla Litizzetto – che con una biblioteca in fondo non hanno niente a che vedere. Fate un prova: qualcuno ha mai riletto un libro di Vespa dieci anni dopo la sua uscita? Sono gli instant book a rubare spazio a libri che, pur non essendo capolavori, sono comunque prodotti passabili. Allora ben venga anche Faletti, ma se proprio non c’è spazio, buttate, ve ne prego, i libri di Piero Angela di divulgazione scientifica degli anni ottanta!<span style=""> </span>A quando la raccolta completa, con rilegatura in pelle, di Torre di Guardia?oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-51851994240208149752006-12-28T00:57:00.000+01:002007-01-05T15:39:02.962+01:00Fino all'ultima illusione<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlTqFa9Q5uqgP4ZBwPxBzZ9r-uXzUzFj5poz3Vhd4GjoMsri-hEzXn846n8IlutjHjnV7Sy2oDkhUuflo9E3YRTw5p4La8GJVeOcedjIxMen8ogVCvnHLQm6PxiHTzdnoWZcdmoVMGHGt5/s1600-h/hugh_jackman3.jpg"><img style="margin: 10pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlTqFa9Q5uqgP4ZBwPxBzZ9r-uXzUzFj5poz3Vhd4GjoMsri-hEzXn846n8IlutjHjnV7Sy2oDkhUuflo9E3YRTw5p4La8GJVeOcedjIxMen8ogVCvnHLQm6PxiHTzdnoWZcdmoVMGHGt5/s320/hugh_jackman3.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5013360612531564994" border="0" /></a>Tre sono le fasi della magia. Il prologo, in cui una situazione viene presentata nella sua apparente normalità; il rovesciamento, in cui all’improvviso la meraviglia si manifesta sotto forma di colpo di scena (la colomba sparisce, il coniglio appare dal cilindro, la donna viene tagliata in due). Infine, il prestigio, il momento in cui quello che si pensava sparito o danneggiato irrimediabilmente viene fatto riapparire. Il gioco di prestigio, quindi, si basa sulla capacità di ingannare i sensi. È un effetto ottico che diventa più potente nel momento stesso in cui viene mostrata la sua natura di illusione. In realtà, è l’unica situazione in cui il pubblico si aspetta di non veder succedere niente. Più grande è lo scarto tra quello che sembra accadere e quello che realmente (non) accade, più lo spettacolo sarà riuscito. L’importante, però, è non svelare fino in fondo il segreto della magia. Un illusionista che cede il suo segreto a un altro, è finito. Chris Nolan ama i film complicati in cui la linearità della storia si frantuma in una serie di piccoli fiumi di racconto che contengono al loro interno la chiave per rimetterli assieme. Memento, ad esempio, era costruito come un continuo slittamento di sequenze di ricordi che il protagonista – affetto da una forma di amnesia - doveva ricomporre. Il nuovo The Prestige, tra flashback e colpi di scena, racconta lo scontro senza esclusione di colpi tra due maghi rivali nella Londra di fine ottocento. Tutto ruota attorn<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgohQKqqSNUyyq4h_98SAavl-Bgh_iwynOwxvVZlAzdUWNU3JD5uZPRBvn8eoJMOnyZ6-EZLtD4HGMoFbUu-BidCZ5jBEyJex6Rao0kU-Av2jgvmS8Cu7Z-yn6yQG_cPZkyLjSEM7K5jVNm/s1600-h/prestige1.jpg"><img style="margin: 6pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgohQKqqSNUyyq4h_98SAavl-Bgh_iwynOwxvVZlAzdUWNU3JD5uZPRBvn8eoJMOnyZ6-EZLtD4HGMoFbUu-BidCZ5jBEyJex6Rao0kU-Av2jgvmS8Cu7Z-yn6yQG_cPZkyLjSEM7K5jVNm/s320/prestige1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5013360737085616594" border="0" /></a>o al rapporto tra realtà e illusione: è possibile che ci siano due esseri umani uguali? Due cose identiche sono la stessa cosa? In un’epoca di effetti numerici e di blockbuster tecnologici, il regista assomiglia di più a uno scienziato o a un mago? The Prestige ci mette la soluzione sotto il naso facendoci guardare dall’altra parte. Di fronte all’evento più bizzarro, se togliamo l’impossibile, rimane il reale, per quanto improbabile possa essere (lo diceva Holmes, se non sbaglio). Non svelo i colpi di scena finali, ma segnalo le ottime prove di Christian Bale e Hugh Jackman, affiancati dal solito grande Michael Caine e da David Bowie nei panni mefistofelici dello scienziato elettrico Nikola Tesla.oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-59549648270610197032006-12-14T11:29:00.000+01:002006-12-16T17:28:10.285+01:00Le tessere del domino<a href="http://www.mtv.it//img/tv/programmi/entertainers/23_vjs.jpg"><img style="FLOAT: left; MARGIN: 6px 10px 10px 0px; WIDTH: 350px; CURSOR: hand" alt="" src="http://www.mtv.it//img/tv/programmi/entertainers/23_vjs.jpg" border="0" /></a>Paola Maugeri non c'è più. O meglio, c'è ma è come se non ci fosse. La sua resistibile ascesa nei palinsesti di MTV l'ha portata in breve tempo a passare dai pomeriggi giovanilistici di Select alle prime serate monografiche di A night with, per poi passare alla seconda serata con Brand new, una trasmissione che sembrava fatta su misura per lei. Tanta musica, tante chiacchiere e un sacco di ospiti stranieri per mostrare quanto è brava con l'inglese. Non so cosa sia successo, se qualcosa è successo, fatto sta che la povera Paola non si è fermata neanche sta volta ed ha ricominciato il suo peregrinare nel palinsesto televisivo verso un destino che probabilmente la porterà a condurre, tra qualche anno, Unomattina o qualche lezione universitaria del progetto Nettuno. Paola se ne è andata da MTV per approdare a la7 dove conduce 25a ora - Il Cinema Espanso, un programma che parla di cinema mostrando, quando possibile, corti e documentari italiani.<br /><a href="http://www.whendisasterstrikes.org/images/domino.jpg"><img style="FLOAT: right; MARGIN: 6px 10px 10px 0px; WIDTH: 200px; CURSOR: hand" alt="" src="http://www.whendisasterstrikes.org/images/domino.jpg" border="0" /></a> Il titolo omaggia un film di Spike Lee ma richiama anche che l'orario da nottambuli in cui il programma va in onda, un orario assurdo come da tradizione per gli spazi dedicati al cinema nella televisione italiana. Dicevo che non so cosa sia successo nei corridoi paralleli dei canali tronchettiani, quale sia stata la prima tessera del domino a cadere, fatto sta che la venuta a 25a ora della Maugeri, che di cinema ne sa come mia nonna alle prese con l'installazione di una scheda di rete su un sistema linux, ha comportato la partenza del precedente conduttore, l'ottimo critico Steve Della Casa. Il colmabile vuoto creatosi a Brand New è stato riempito da una faccia televisivamente nuova, il tatuato regista Alex Infascelli, regista cinematografico e di video musicali, che presenta con finta svogliatezza come da tradizione del programma. Ora mi chiedo, ma non era meglio lasciare la Maugeri, in teoria esperta di musica, a Brand New e mettere Infascelli a 25a ora? E ancora. <a href="http://www.internazionale.it/images/aut-52.jpg"><img style="FLOAT: left; MARGIN: 8pt 10px 10px 0px; WIDTH: 120px; CURSOR: hand" alt="" src="http://www.internazionale.it/images/aut-52.jpg" border="0" /></a>Con chi devo prendermela per aver dovuto assistere all'intervista di Luca Sofri che, sdraiatosi sul divano di pelle di Brand New, promuoveva la sua ultima faticaccia letteraria, una scopiazzatura malriuscita di Nick Hornby? Il principe ranocchio, folgorato sulla via del rock dall'iPod, si è lanciato poi in una dimenticabile generalizzazione degna di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Guglielmo_Giannini">Guglielmo Giannini</a> affermando che esiste la categoria precisa degli ipodders consistente in "trentenni, urbani, curiosi del mondo". Dopo una stronzata del genere con chi me la devo prendere? Con Infascelli? Con Steve Della Casa? Con Tronchetti Provera? Con la Maugeri certamente. E' lei la prima tessera del domino. Una di quelle senza numeri.Unknownnoreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-74894962936847210462006-12-14T09:14:00.000+01:002006-12-14T11:27:15.628+01:00I Prescelti<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSY9kzGm-k8w2CS_X8UPES6ynOzwjCQ6CGeaaSthjz2t1irI8QXoZS1rcezAkNZPoeughvox65AVXx7Kyxg5MdeObSghyphenhyphenxrs9tpZOQ5vAoT3Dnb2jL2LQ47ZMTMYmpaVJT6YqkcA5iRZZw/s1600-h/505183~Wicker-Man-Posters.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5008294217194840562" style="FLOAT: left; MARGIN: 6pt 10px 10px 0pt; CURSOR: pointer" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSY9kzGm-k8w2CS_X8UPES6ynOzwjCQ6CGeaaSthjz2t1irI8QXoZS1rcezAkNZPoeughvox65AVXx7Kyxg5MdeObSghyphenhyphenxrs9tpZOQ5vAoT3Dnb2jL2LQ47ZMTMYmpaVJT6YqkcA5iRZZw/s320/505183~Wicker-Man-Posters.jpg" border="0" /></a>Due film visti di recente al cinema: Il prescelto, remake di Wicker man, cult inglese di cui ho parlato qualche tempo fa, e Marie Antoinette, di Sofia Coppola, storia della regina di Francia arrivata dall’Austria giusto in tempo per farsi ghigliottinare. In realtà tutti e due i film parlano di “prescelti”. Il primo è un poliziotto con l’aria sfigatissima (Nicolas Cage) che arriva su un’isola in cui viene praticato uno strampalato e improbabile culto femminile delle api (!!!) per ritrovare una bambina misteriosamente scomparsa (oppure no). La seconda è una ragazzina che entra in un ambiente troppo grande per lei, vale a dire la reggia di Versailles, e deve imparare a vivere in mezzo ai rituali di un’etichetta assurda. Il Prescelto è un clone senza originalità, che ricalca l’originale introducendo qualche variazione inutile, tipo il prologo che dovrebbe essere simbolo non si capisce di cosa, e sostituendo il paganesimo simil celtico con rituali dementi e con un’idea (le api) che fa ridere. La suspense è pilotata in modo meccanico e le uniche scene che valgono sono quelle in cui il buon Cage, aria ebete e bocca sempre aperta, rifila qualche colpo di kung fu alle odiosissime donne api. Un film in cui la scena clou è quella in cui al protagonista viene uno shock anafilattico non è esattamente un capolavoro. Comunque 5 per la simpatia. Anche se la domanda sorge spontanea: perché a Hollywwod buttano milioni di dollari per film che trent’anni fa sarebbero stati al massimo buoni prodotti di serie b? Che i soldi facciano male al cinema?<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiKDvcSUUSXaesFZa7IykPY0f83_F6WHwOzeMHGBV4_0wX15y-Rfwgv6mwcJpj6Nba49noyVokFlCBwon1OhMyIDSkvqPLUsDuP4d1dkwpwfwvO57hjqiJeHAdlHp3UxAn3admQOa1MFyN/s1600-h/marie_antoinette_ver2.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5008294431943205378" style="FLOAT: right; MARGIN: 8pt 0pt 10px 10px; CURSOR: pointer" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiKDvcSUUSXaesFZa7IykPY0f83_F6WHwOzeMHGBV4_0wX15y-Rfwgv6mwcJpj6Nba49noyVokFlCBwon1OhMyIDSkvqPLUsDuP4d1dkwpwfwvO57hjqiJeHAdlHp3UxAn3admQOa1MFyN/s320/marie_antoinette_ver2.jpg" border="0" /></a> <p class="MsoNormal">Marie Antoinette può contare su una scenografia suggestiva (è stato girato nella vera reggia) e su una descrizione abbastanza accurata dei rituali e dell’ambiente. Kirsten Dunst è strepitosa e la colonna sonora new wave irresistibile. Purtroppo però <?xml:namespace prefix = st1 /><st1:personname st="on" productid="la Coppola">la Coppola</st1:personname> è una regista dozzinale ed è incapace di dare un ritmo al film e di sfruttare le doti della protagonista. Citazione per l’aria porca della Dunst nel manifesto del film: uno sguardo da porno svedese anni settanta. Dovendo dare un voto complessivo direi 6. </p>oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-82947028841508862092006-12-07T12:59:00.000+01:002006-12-14T11:46:22.929+01:00Regolare come el panetùn, arriva il natale...<a href="http://www.camposdojordao.com.br/images/Panettone-II.jpg"><img style="FLOAT: left; MARGIN: 6px 10px 10px 0px; WIDTH: 250px; CURSOR: hand" alt="" src="http://www.camposdojordao.com.br/images/Panettone-II.jpg" border="0" /></a> Il clima natalizio impazza già da settembre in tv e adesso anche noi stiamo per finire affogati in un mare di panettoni, pandori e torroni. Mi chiedo, con l'inutilità che contraddistingue le mie domande retoriche, come può essere un natale al di fuori dei sacri confini, senza questi tesori nazionali? Senza l'uvetta, i canditi, lo zucchero a velo, l'appiccicume sulle mani, i cartoni della Bauli adattissimi a fare i caschi di Guerre Stellari, le cartoline del concorso Melegatti ecc. A pensare che a Londra, Parigi e New York non sanno cosa sia lo zampone provo immensa pena per loro e propongo una colletta per inviare derrate alimentari degne di un italico cenone.<br />Stranamente anche quest'anno natale porterà con sè diversi giorni di vacanza. Queste due settimane sono il periodo prediletto per gustarsi cioccolate amarissime e leggere qualche bel libro obbligatoriamente sdraitati. Visto il periodo, consiglio la lettura del Canto di Natale di Dickens. Evitate l'edizione Mondadori, tradotta a salti da Enrico Grazzi, e fatevi invece due risate leggendo l'<a href="http://www.liberliber.it/biblioteca/d/dickens/index.htm">edizione</a> tradotta da Federigo Verdinois nel 1888 che potete trovare gratuitamente su <a href="http://www.liberliber.it">LiberLiber</a>. Basta stamparla.<br /><a href="http://www.ibs.it/cop/copljc.asp?e=8845915913"><img style="FLOAT: right; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 200px; CURSOR: hand" alt="" src="http://www.ibs.it/cop/copljc.asp?e=8845915913" border="0" /></a>Cambiando totalmente genere ed atmosfera, un altro libro che merita una letta è <a href="http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=2057&c=NPQ70LAUIK6KD">Il più grande uomo scimmia del Pleistocene</a> di Roy Lewis che da vero inglese qual'era, scriveva libri pieni di humor, inglese naturalmente.<br />Per finire consiglio non uno bensì quattro libri di uno stesso autore: <a href="http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?feature=cover&isbn=8804464631">La guida galattica per autostoppisti</a>, <a href="http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=2057&c=YONJ7UT9IGFIL">Il ristorante al termine dell'Universo</a>, <a href="http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=2057&c=VLSJG0K9UOACE">La vita, l'Universo e tutto quanto</a>, <a href="http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=2057&c=VBPPX0299PKXT">Addio e grazie per tutto il pesce</a> di quel gran genio che era Douglas Adams, inglese pure lui. Chi non lo conosce si fidi e legga tutto. Mi raccomando. Che tanto le vacanze sono lunghe e tra una fetta di pandoro ed un bicchiere di spumante di solito l'unica cosa che si riesce a fare bene a natale è ingrassare ed annoiarsi. Evitiamo almeno la seconda.Unknownnoreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-13392489352299347772006-12-02T21:41:00.000+01:002006-12-02T21:46:05.725+01:00Il labirinto del fauno<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyS8Ntw37HJShVfMW3xP-NhvM5BiJ5ipY5iuUTLQtoq_dViqCKR25W9w-uQZLCeel7vZBGhIDYpySpHRx5s5MXlRZvkhKxFrU96xoWm3N2npWRAH6H7RENeaXUbL0Q2stTU3tSFNIHMXA/s1600-h/labirinto1.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 351px; height: 255px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyS8Ntw37HJShVfMW3xP-NhvM5BiJ5ipY5iuUTLQtoq_dViqCKR25W9w-uQZLCeel7vZBGhIDYpySpHRx5s5MXlRZvkhKxFrU96xoWm3N2npWRAH6H7RENeaXUbL0Q2stTU3tSFNIHMXA/s320/labirinto1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5004033005006254050" border="0" /></a>Spagna, 1944. Una Rolls Royce nera si infila su per una stradina di montagna, scortata da altre macchine che recano sulla porta delle minacciose insegne militari. A bordo della Rolls ci sono Mercedes, vedova da poco risposata con un ufficiale franchista, e Ofelia, sua figlia. Mercedes è incinta, Ofelia sta per incontrare per la prima volta il suo patrigno, che per lei sarà sempre e solo Il Capitano. Il capitano è un fanatico ossessionato dalla lotta contro la resistenza. Vive nel ricordo mitizzato di un padre eroe. È crudele e spietato. Quando c’è da torturare un prigioniero o da dare il colpo di grazia a un nemico ferito, ama occuparsi personalmente della faccenda. Per Ofelia l’unica via d’uscita da una realtà fatta di sangue e violenza è la fantasia. Quella dei suoi libri di fate. Quella che sembra sorgere all’improvviso davanti ai suoi occhi sotto forma di uno strano labirinto in mezzo al bosco. Seguendo il richiamo di bizzarri insetti-fata Ofelia scopre che al centro del labirinto, tra monoliti ricoperti di misteriose rune, vive un inquietante fauno. E che forse lei stessa è una principessa in esilio da un regno incantato. Il nuovo film di Guillermo Del Toro è sicuramente uno degli oggetti cinematografici<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjktjGHWXXqEXrOM4fpMJ9Jwzsv4giTwTPGnQEY1m-K1cT-lK1Zkl6hh7Y-EbZQGZoUnnpDhd-PCxciRdeIqmC4tIe3mZfcKQrldK4zqSLhuwY0YYAxMvZ2BPzWBNChSHkYgBLTKaRY7FY/s1600-h/mostro.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 300px; height: 204px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjktjGHWXXqEXrOM4fpMJ9Jwzsv4giTwTPGnQEY1m-K1cT-lK1Zkl6hh7Y-EbZQGZoUnnpDhd-PCxciRdeIqmC4tIe3mZfcKQrldK4zqSLhuwY0YYAxMvZ2BPzWBNChSHkYgBLTKaRY7FY/s320/mostro.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5004033193984815090" border="0" /></a> più strani che potrete trovare in circolazione in questa fine anno. Il Labirinto del fauno corre lungo due binari paralleli: quello realistico, con la lotta fanatica del capitano contro la resistenza, tra battaglie e attentati in mezzo al bosco; quello fantastico, con il percorso iniziatico di Ofelia nel labirinto e con gli incontri di creature bizzarre e feroci (notevole il mostro senza occhi). In mezzo la visionarietà di Del Toro, che senza rinunciare ai suoi marchi di fabbrica (insetti come in Mimic, meccanismi a molla come in Cronos, intreccio Guerra civile/cinema horror come in <st1:personname productid="La Spina" st="on">La Spina</st1:personname> del Diavolo, fascisti demoniaci come in Hellboy) crea il suo film più personale. Il tema è quello classico della fantasia come unica via di fuga di fronte all’orrore e alla tragedia della vita quotidiana. Solo che a differenza del cinema mainstream di questi anni, che sembra sempre più credere nel potere salvifico dell’immaginazione e della magia (pensiamo a Big Fish e a Neverland o a Narnia), Del Toro, da buon cattolico messicano, sembra dire che la fantasia è una via di fuga potentissima ma momentanea, e che la realtà, fatta di carne e sangue, sta sempre in agguato. Il corpulento Del Toro eccede un po’ in violenza e sangue, creando un film fuori genere: troppo fantastico e fatato per piacere ai fanatici dell’horror, troppo realistico e brutale per un pubblico che ama il fantasy, troppo scoppiato per piacere agli amanti del cinema realistico. Per questo si conferma uno dei nomi da seguire per chi ama i film visionari. Non un genio, ma un degno erede del grande cinema dei mostri universal degli anni ‘50. Con in più il tocco viscerale e morboso di un figlio del barocco messicano.oscilloscopio azzurrohttp://www.blogger.com/profile/08283672467563186978noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-12067682717352431882006-11-29T12:28:00.000+01:002006-11-29T17:41:24.906+01:00Che paura mi fa<a href="http://www.beppegrillo.it/archives/fotografie/censura.gif"><img style="FLOAT: right; MARGIN: 6px 0px 10px 10px; CURSOR: hand" alt="" src="http://www.beppegrillo.it/archives/fotografie/censura.gif" border="0" /></a> Ahh.. che bello sentire di nuovo tirare i venti della censura su internet. Ti fa sentire importante, indica che hanno paura di quello che puoi dire. E' molto gratificante vedere come la lunga mano del potere politico italiano tenti periodicamente di bloccare le fonti di informazione indipendenti, prendendosela regolarmente in quel posto. Ricorda molto la storia con cui la gente si è conquistata il diritto di fare ed ascoltare una radio libera. Peraltro faccio ancora molta fatica a capire come l'Italia, solo poco più di trent'anni fa, poteva già definirsi un paese democratico quando il potere politico aveva in mano la comunicazione di massa e decideva cosa si doveva sentire e chi lo doveva dire.<br />Sta di fatto che in questo momento storico, a causa della commercializzazione di stampa, televisione e radio, la funzione di fonte di informazione libera ed indipendente è ricaduta su internet, sui blog, su google video, su youtube ecc. E' inutile comunque negare che, come ogni mezzo dell'uomo, anche la rete può essere usata per fare del male e con un approccio utilitaristico, semplice ma stupido, ci si devrebbe chiedere: fa più bene o fa più male? Io sono convinto che faccia molto più bene a patto che vengano rispettati alcuni criteri:<br />- accettare il fatto che internet, al suo interno, ha regole proprie di comportamento essendo unico rispetto agli altri mezzi di comunicazione e che la normativa che vale per i giornali, o quella per la radio, o quella per la televisione, non può essere applicata così come è ad internet a causa della sua stessa struttura decentralizzata;<br />- valutare in maniera differente la gravità delle violazioni commesse da chi utilizza internet sulla base delle finalità che lo spingono a compierle smettendola di denunciare ragazzini che condividono pochi file musicali;<br />- utilizzare internet in maniera il più possibile trasparente, massimizzando l'uso di strumenti leciti, come le Creative Commons per esempio, cercando invece di isolare i comportamenti estremamente gravi, che vanno colpiti duramente, su internet come per strada.<br />In un <a href="http://blog.libero.it/leprecano/1760419.html">vecchio post</a> mi chiedevo che fine avesse fatto il potere della televisione se i vari canali aizzavano gang di avvocati per minacciare ed avviare azioni legali nei confronti di ragazzi che si guardavano le partite del campionato in cinese. Se l'idea del sistema di potere è di confrontarsi con internet con gli stessi mezzi della televisione c'è poco da essere ottimisti. Io sono convinto che come la tv tradizionale, anche il mondo politico dovrà adeguarsi a questa nuova situazione o si rischiano passi indietro pericolosi soprattutto quando il mondo va avanti a salti tripli. Mi chiedo solo quanto ci metteranno a capirlo.Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-78014986087970054542006-11-25T20:02:00.000+01:002006-11-25T20:17:31.981+01:00Il valzer degli addii<div style="text-align: justify;"><br /><div style="text-align: left;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://photos1.blogger.com/x/blogger2/6506/914715409961710/1600/121777/nemescu.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 264px; height: 148px;" src="http://photos1.blogger.com/x/blogger2/6506/914715409961710/320/256641/nemescu.jpg" alt="" border="0" /></a>Muore così un altro grande del cinema americano. Altman ci ha lasciati. Al suo pubblico mancherà molto. Su tutti i giornali e in rete troverete esaurienti biografie e ricordi della sua vita e della sua carriera. Per questo, non vi annoierò con i miei. Vorrei invece ricordare, anche se un po’ in ritardo, un altro regista, completamente diverso per provenienza, età, fama, scomparso alla fine di agosto in un incidente stradale. Sulla sua morte non credo abbiate letto nessun paginone sui giornali e probabilmente non lo avete nemmeno mai sentito nominare. Il suo nome era <span style="font-weight: bold;">Cristian Nemescu</span>, romeno, 27 anni. Nato a Bucarest, si era diplomato in quella che è ormai riconosciuta come una grande fucina di talenti, l’Università di Teatro e Cinema “I.L. Caragiale” (so che non avete sentito nominare nemmeno questa, però sappiate che moltissimi cortometraggi premiati a Cannes negli ultimi anni con <st1:personname productid="la Palma" st="on">la Palma</st1:personname> d’Oro, solo per fare un esempio, portano la firma di registi emergenti che hanno studiato lì). Il suo cortometraggio di diploma <em>Poveste la scara C</em> aveva fatto il giro dei festival internazionali e ricevuto diversi premi, così come i suoi lavori successivi. <em>Poveste la scara C</em> (nomination per il Miglior cortometraggio agli Oscar europei) e <em>Mihai şi Cristina</em> in Italia sono stati visti perlomeno dai fan dei La crus, perché contenuti nel dvd uscito in allegato con l’album “Infinite possibilità”, dove rimontati facevano da “colonna visiva” a d<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://photos1.blogger.com/x/blogger2/6506/914715409961710/1600/197288/marilena%20de%20la%20p%207.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="http://photos1.blogger.com/x/blogger2/6506/914715409961710/320/154549/marilena%20de%20la%20p%207.jpg" alt="" border="0" /></a>ue delle canzoni del CD. Praticamente tutti i suoi lavori sono stati presentati al Milano Film Festival. Quest’anno, Cristian aveva realizzato il suo quasi-primo lungometraggio, un film di 45 minuti, <em>Marilena de <st1:personname productid="la P" st="on">la P</st1:personname> 7</em><em><span style="font-style: normal;">, presentato a Cannes nella Settimana della critica. A luglio, aveva appena finito il girare il suo primo vero lungometraggio, </span>California Dreaming</em><em><span style="font-style: normal;">, in post-produzio</span></em><em><span style="font-style: normal;">ne al momento della sua morte. Cristian raccontava sempre storie di adolescenti in procinto di affacciarsi alla vita. Lui, pure giovanissimo, riusciva a cogliere</span></em><em><span style="font-style: normal;"> con grande sensibilità tu</span></em><em><span style="font-style: normal;">tte le aspett</span></em><em><span style="font-style: normal;">ative, le paure e l’impazienza del divenire adulti. Una notte si trovava con il suo tecnico del suono e amico Andrei Toncu (morto anche lui nell’incidente) a bordo di un taxi che</span></em><em><span style="font-style: normal;"> è stato speronato da un SUV guidato da un cittadino britannico e che sfrecciava ad altissima </span></em><em><span style="font-style: normal;">velocità per le vie di Bucarest. È morto così un altro – forse in futuro grande –<span style=""> </span>regista</span></em><em><span style="font-style: normal;"> rumeno.</span></em></div></div>platipuszenhttp://www.blogger.com/profile/10016508688564786262noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7493348638406334826.post-20017396871845910212006-11-20T23:02:00.000+01:002006-11-22T08:48:47.719+01:00It's a rich man's world<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://photos1.blogger.com/x/blogger2/6506/914715409961710/1600/721881/giuda.jpg"><img style="margin: 6pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="http://photos1.blogger.com/x/blogger2/6506/914715409961710/320/717549/giuda.jpg" alt="" border="0" /></a>I soldi sono la più grande invenzione dell'umanità. Nel 3650 a.c. il pastore Cabnnuck, abitante di un villaggio della valle del Tigri, si reca dal suo amico Hafsimbis che coltiva il grano e distilla birra. Non avendo con sè il solito agnello per il baratto, Cabnnuck propone di dare a Hafsimbis un pezzo di minerale giallo e lucente. Hafsimbis rimane affascinato da quel minerale e accetta lo scambio. E' nato il denaro. La settimana dopo Gabnnuck torna con un altra pietra ma questa volta Hafsimbis ne vuole due. E' nato il prezzo. Allora Gabnuck gli promette che se gli da subito l'agnello alla sera gliene porterà tre, Hafsimbis accetta. E' nato il credito. Per non annoiare tralascio l'intervento del capovillaggio e la nascita delle tasse, nonchè la morte violenta sia di Cabnnuck che di Hafsimbis.<br />Resta il fatto che i soldi, nella nostra era, mettono letteralmente in movimento il mondo. Fanno, e fanno fare, tante cose belle; eppure lo chiamano lo sterco del demonio. Lungi da me fare il pauperista integralista ma è evidente che i soldi abbiano uno straordinario potere di trasformazione. Ho sempre sostenuto, e il maestro Perboni è testimone, che la mancanza di denaro spesso spinge gli artisti, in particolare i registi, a provare soluzioni alternative e originali. La povertà fa da sprone e spesso giovani autori emergono con il botto proprio grazie a film prodotti a bassissimo costo: Rodriguez con <a href="http://www.imdb.com/title/tt0104815/">El mariachi</a>, Smith con <a href="http://www.imdb.com/title/tt0109445/">Clerks</a> e Cuaron con <a href="http://www.imdb.com/title/tt0245574/">Y tu mama tambien</a>. Questi registi sono diventati famosi, hanno fatto i soldi, hanno incominciato a dire ai produttori "o così o ciccia" e inevitabilmente, precisi come un orologio svizzero, hanno fatto un film peggio dell'altro.<br />La visione sabato del film di Cuaron, <a href="http://www.kataweb.it/cinema/scheda_film.jsp?idContent=311001">I figli degli uomini</a>, con Clive "the Driver" Owen, mi ha fatto tornare in mente il mio primo giudizio al suo Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, un film sgangherato in cui tutto è troppo. Cuaron spreca scene e attori come se non vedesse l'ora di spendere i soldi della produzione. Sarebbe normale in Italia, dove i soldi ciulati dalle produzioni di solito sono quelli del finanziamento pubblico. Comunque scommetto che anche questo film otterrà le sue belle recensioni da parte dei più influenti critici che, piuttosto che ammettere di aver preso un granchio, Cuaron lo ammazzano con le loro mani.<br />Concludo questo post dedicato all'indigestione di soldi, con un piccolo spot su Linux.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://photos1.blogger.com/x/blogger2/6506/914715409961710/1600/85829/linux-penguin.jpg"><img style="margin: 20pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer;" src="http://photos1.blogger.com/x/blogger2/6506/914715409961710/320/115842/linux-penguin.jpg" alt="" border="0" /></a><br /><br />Usare legalmente un sistema operativo aperto, stabile e gratuito: <span style="font-weight:bold; text-decoration:underline;">zero Euro</span>.<br />Navigare con un browser aperto, sicuro e personalizzabile: <span style="font-weight:bold; text-decoration:underline;">zero Euro</span>.<br />Creare senza limitazioni documenti, fogli di calcolo, database, siti internet: <span style="font-weight:bold; text-decoration:underline;">zero Euro</span>.<br />Stare sui coglioni a quelli della Microsoft: <span style="font-weight:bold; text-decoration:underline;">non ha prezzo</span>.<br />Windows per i giochetti, per tutto il resto c'è Linux.Unknownnoreply@blogger.com0