giovedì, ottobre 26, 2006

Detective Dante / Brad Barron 5-0

Dopo diciotto rutilanti numeri si è concluso Brad Barron, miniserie Bonelliana che cercava di rinverdire i fasti della science fiction anni cinquanta, quella a base di bug-eyed monsters, trifidi, creature verdi e dischi volanti. B.B. ha avuto i suoi pregi e i suoi difetti. Tra i pregi, la possibilità di decorare gli scaffali con la fascetta posteriore delle copertine, che compongo il faccione acromegalico di Brad e una buona atmosfera fifties, con spettri di guerra fredda e distruzione atomica. Tra i difetti, la monotonia, la piattezza, la prevedibilità. La bonellosità della storia, che potrebbe essere riassunta in una sola frase: non è successo niente. O meglio, il mondo è stato invaso da alieni rettiloidi e malevoli, sono morti moltissimi esseri umani e Brad Barron ha fatto un piacevole tour della costa orientale degli States, tra umani traditori, sette di hillibillies, amori sfiorati e un bel po’ di ammazzamenti di mostri. Ma in fondo la storia per diciotto mesi è scivolata inarrestabile verso l’esito annunciato: la moglie e la figlia di Brad non sono morte, il mondo è salvo. Tutto è bene quel che finisce bene. Il problema è che, come in quasi tutte le serie Bonelli, tutto sembra svolgersi in una specie di universo sospeso, un tempo zero in cui la monolitica psicologia dei personaggi è più immobile di un testuggine catatonica. Brad Barron non è diverso da Tex, decine di avventure che si ripetono secondo uno schema consolidato: nel caso di Barron lo schema era del tipo “Arrivo in una nuova cittadina/incontro con qualche nuova perfidia aliena/rischio di morte/risoluzione/partenza per un’altra cittadina”. Il livello di suspense pari a quello di una puntata dell’A-Team (senza Murdoc e Mr. T però). Gli intrecci sapientemente costruiti con la verve di uno sceneggiatore di incontri di Wrestling di secondo piano. Sempre la stessa storia. La Bonelli non vuole cambiare stile. Le poche novità (Julia, il defunto Napoleone, Dampyr, Magico Vento) sempre con la spada di Damocle della ripetitività. I personaggi non invecchiano mai, gli eventi gli passano sopra e scivolano via senza mai modificare di una virgola il loro modo di rapportarsi al mondo. Diverso il caso di Detective Dante dell’Editoriale Eura. Qui la storia è costruita come una dolorosa e lacerante ascesa al cielo attraverso le ossessioni, gli incubi e i sentimenti del protagonista.. Le regole del noir moderno, quelle di Sin City e dei film di Michael Mann, sono piegate a un’accurata caratterizzazione del personaggio. Dante è uno psicotico autentico, non caricaturale (e in questo supera perfino Sin City). Le storie sono tese, sempre sul filo del colpo di scena. Può succedere letteralmente qualsiasi cosa. Se si muore, si muore per davvero, se ci si innamora, si soffre. Nessuno è al sicuro, nemmeno i protagonisti (ed è questo lo spirito del Noir). La violenza è pura devastazione, ma non è gratuita. Le storie non si ripetono, ma tracciano delle soglie di cambiamento che Henry Dante continua ad attraversare. Nell’ultimo numero inizia la saga finale, quella del Paradiso. Ma qualcosa mi dice che il Paradiso di Detective Dante non è pieno di cherubini e il bianco delle vesti è sostituito da quello di polveri sospette. Insomma, sul mio personalissimo cartellino Detective Dante batte Brad Barron cinque a zero.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro maestro, ti sei mai accorto di quante similitudini abbia Bred Barron con l'Eternauta? Omaggio più o meno incoscio o puerile scopiazzatura? Propenderei per la seconda ipotesi, visto l'andazzo in azienda Bonelli. A riprova del declino inarrestabile le nuove storie della serie regolare di Martin Mystere che, dopo il restyling editoriale, sembravano tornate su buoni livelli e che rapidamente stanno ripiombando nella banalità e nel già visto.

oscilloscopio azzurro ha detto...

Il restyling dovrebbe essere mentale... Anche se spesso pure i disegno perdono colpi: ricordo con piacere il mitico "braccione " di Martin Mystere, sul quale spero di leggere presto un tuo post...

duffogrup ha detto...

Il caro braccione d'Houdini. Come potrei dimenticarlo?! Effetti di gigantismo si hanno spesso nei fumetti bonelli. Come scordare il culone di Tex dell'ultimo Galep??