La Babele delle biblioteche
Il Corriere della sera, citando il caso di un software per il monitoraggio prestiti usato in America, scopre che le biblioteche buttano via classici del passato per lasciar spazio a Grisham e Cussler e compagnia bella. Bella scoperta: anche in Italia si segue un principio analogo (anche se, per mancanza di software dedicati, il buon senso dei bibliotecari impedisce che D’Annunzio e Gadda finiscano al macero). Ma qual è lo scopo di una biblioteca: conservare classici a futura memoria o imbottire i propri scaffali di best seller richiestissimi dei quali forse fra dieci anni non si ricorderà più nessuno? Oppure deve conservare i libri di difficile reperibilità lasciando che l’ultimo Camilleri il lettore se lo compri (con spesa modica, se pensiamo quanto le persone spendono per una cena o per un maglione). Forse occorrerebbe introdurre un criterio di memoria a lungo termine. Proust e Melville oggi saranno anche meno richiesti di Faletti, ma fra cent’anni, ci sarà ancora qualcuno che li leggerà. Forse la soluzione sarebbe quella di avere bibliotecari competenti che fanno le scelte sulla base di un’osservazione attenta delle uscite. Il problema non è infatti lo scontro tra Flaubert e Harry Potter, ma l’acquisto in serie di volumi – da Bruno Vespa alla Litizzetto – che con una biblioteca in fondo non hanno niente a che vedere. Fate un prova: qualcuno ha mai riletto un libro di Vespa dieci anni dopo la sua uscita? Sono gli instant book a rubare spazio a libri che, pur non essendo capolavori, sono comunque prodotti passabili. Allora ben venga anche Faletti, ma se proprio non c’è spazio, buttate, ve ne prego, i libri di Piero Angela di divulgazione scientifica degli anni ottanta! A quando la raccolta completa, con rilegatura in pelle, di Torre di Guardia?
2 commenti:
Condivido quasi in toto. Il quasi è che la possibilità di rilettura ad anni di distanza di un libro non è una caratteristica totalmente affidabile in quanto le opere di finzione saranno sempre avvantaggiate sulla saggistica a prescindere dalla loro qualità . Prendi "L'economia all'idrogeno" di Rifkin, non avrà lo stesso senso leggere questo libro, magari nel 2020, quando l'idrogeno sarà a portata di tutti. Oppure "No Logo" della Klein, già adesso sembra superato nei suoi contenuti. Invece Faletti o Brown li leggi tra 10 anni senza problemi (magari), eppure sia il libro di Rifkin che quello della Klein saranno in futuro importanti pietre di paragone per fare il punto sui cambiamenti della società. Per essere pratici, le biblioteche dovrebbero usare, nell'ordine, i seguenti criteri: diffusione (più è diffuso meno si tiene), tempo (più è vecchio più si tiene), prezzo (più è caro più si tiene). Secondo me, in una società di mercato sviluppata la biblioteca non ha lo scopo di divulgare bensì di conservare. Alla divulgazione ci pensino scuole, case editrici, librerie e tutti quelli che coi libri ci vivono.
Credo anch'io che le biblioteche dovrebbero occuparsi di conservazione, quindi i libri che rispondono alle tre caratteristiche che hai individuato (diffusione, tempo, prezzo) dovrebbero essere tenuti o meno, a seconda dei casi. La tua riflessione sulla saggistica è corretta, ma credo che il problema stia nel fatto che ci sono troppi libri di "cattiva saggistica". I libri che vogliono cavalcare l'attualità, hanno più possibilità fare successo ma sono destinati a scivolare rapidamente nell'oblio. Un buon saggio, che parli di biologia, di cinema o di storia, dovrebbe "tenere" anche se alcuni suoi contenuti, inevitabilmente, invecchiano.
Posta un commento