venerdì, febbraio 02, 2007

Non proprio tutti gli uomini del presidente

A Matteo Bordone piace tanto West Wing. A me invece no. Ci sono vari fattori che determinano questa mia avversione, peraltro abbastanza blanda, verso la serie americana. Il motivo principale è sicuramente l'irrealtà che pervade tutto il telefilm. Come diceva il pallanuotista Michele Apicella, la gente non parla così. Il linguaggio usato è assurdo, tutti parlano ad una velocità pazzesca e con un'arguzia degna del Dottor Sottile o dell'Andreotti Ter. A partire dal democraticissimo presidente Martin Sheen, passando per la bordoniana Mary-Louise Parker, fino allo spazzacamino, per le sale della casa bianca si aggirano personaggi troppo finti. La realtà di questi tempi, come ho avuto già modo di dire in un altro post, è fin troppo lontana dalla finzione televisiva. Ma chi se lo immagina un Cheney a discutere con Rob Lowe per decidere il contenuto del discorso sullo Stato dell'Unione? Altro che il bel Rob, per mettere KO Dick il tramaccione basta Molly Ringwald (per restare nel Brat-Pack).
Il fatto è che West Wing vuol parlare del mondo che ci circonda da un punto di vista troppo elevato. West Wing ha avuto la s/fortuna di andare in onda a cavallo dell 11 settembre: George W. Bush, che rischiava di passare alla storia come un innocuo presidente idiota, è stato trasformato in un solo giorno in un pericoloso presidente idiota. In pochi mesi ci siamo accorti che il mondo è in mano ad un gruppetto ben equipaggiato di mentecatti. Come posso dar credito ad una visione della politica, e degli uomini che fanno la politica, come quella descritta in West Wing? Una visione in cui la più grossa macchia morale è lo spergiuro? Rumsfeld e Cheney erano così invischiati nelle lobby di petrolio e farmaci che perfino la Gabanelli dall'Italia se ne è accorta. West Wing, a differenza di quello che molti pensano, è la giustificazione, o meglio, la visione utopistica a cui gli stessi americani aspirano, della politica statunitense post 11/9: "nel mondo succedono brutte cose, noi americani cerchiamo di sistemarle a modo nostro. Ne abbiamo il diritto perchè possediamo intrinsecamente una moralità ed un senso della giustizia che gli altri non hanno". Se si guarda al panorama delle serie americane West Wing è la mente, JAG è il braccio.
Tralasciando queste elucubrazioni psychoideologiche personali, devo dire che forse il vero motivo per cui non apprezzo West Wing è stata la lettura di un articolo dedicato ai telefilm su un numero di Internazionale di qualche anno fa. In un intervista uno degli sceneggiatori della serie ammetteva candidamente che nella storia venivano volutamente lasciati dei buchi narrativi delle dimensioni del Grand Canyon in modo che il pubblico non riuscisse ad avere un riferimento lineare nella trama e si concentrasse di più sui personaggi. MA COME??? Già mi sento abbastanza stupido di mio quando non capisco di che cosa parlano e poi scopro che in realtà non lo sanno neanche loro???? Bastardi. Comunque l'idea è bella.

2 commenti:

oscilloscopio azzurro ha detto...

Caro Duffo, la tua lettura della politica mediatica americana è azzecatissima. Aggiungo solo una riflessione, che si lega forse alle ultime cosa che stiamo scrivendo. Mi colpisce come i serial televisivi siano diventati dei luoghi in cui si rispecchia in modo molto preciso la nevrosi culturale e politica americana. Se penso che vent'anni fa il massimo di politicizzazione e realismo era rappresentato da Lou Grant e che l'unico rappresentante istituzionale mai visto in TV era il giudice Brian Keith di Hardcastle e McCormik, mi chiedo come mai la tv sia diventata un luogo di "rilfessione" sul presente. Mi spiego: che la tv fosse una pattummiera non mi stupiva; che ora sia un modo per veicolare in modo diretto un'ideologia mi pare pericoloso. Quasi che il peggio era meglio. Meglio A Team di Lost? Sanford & Son batte le casalinghe disperate?

Anonimo ha detto...

Come già ho avuto occasione di dirti, secondo me il perchè della politicizzazione delle serie americane è duplice. Da un lato c'è stato un aumento del giro di soldi attorno alle serie e questo ha provocato un allungamento abnorme di quelle di maggior successo. Le sceneggiature si allungano abnormemente in trame e sottotrame quasi sempre incentrate sul tema del complotto del o contro lo Stato. Nei casi peggiori si sfocia nella più classica sindrome di Zeder.
L'altro motivo è che ormai la funzione della TV non è più la drammatizzazione della realtà ma la creazione di una realtà drammatizzata. La TV non media più la realtà al pubblico ma è lo strumento per imporne una alla massa di elettori/consumatori. A questo mondo ci sono problemi irrisolvibili, visto che non siamo in grado di porvi una soluzione definitiva abbiamo il bisogno di qualcuno che lo faccia, anche per finta. Le fiction "realistiche" ti danno questo e intanto ti inculano.